Piantiamo alberi per il futuro, preservando il passato.
Stiamo trasformando un’aria pubblica da deserto in una foresta
Come SCOPELLITI 1887, abbiamo ideato e realizzato il progetto “Piantiamo insieme il futuro”, dedicato alla riforestazione, biodiversità e salvaguardia ambientale nello splendido scenario della Fortezza Poggio Pignatelli, in collaborazione con il comune di Campo Calabro.
Questo sito, celebre per il suo panorama mozzafiato, oggi ospita quasi un centinaio di alberi grazie al nostro intervento. Questo è solo il primo passo: molti altri alberi saranno piantati in futuro, rendendo questa iniziativa una vera e propria foresta in espansione.
Il nostro impegno per la biodiversità: alberi antichi e dimenticati
Il cuore del progetto è la piantumazione di specie arboree che hanno giocato un ruolo cruciale nell’economia, nelle tradizioni e nella cultura calabrese, ricordate da molti sin dall’infanzia.
Tra queste specie, troviamo il Corbezzolo, il Sorbo, il quasi estinto Olivo bianco o Leucolea, il Gelso bianco, l’Orniello da Manna, il Giuggiolo, il Carrubo e il Melo cotogno.
Il nostro contributo per riscoprire le tradizioni, rivivendo lontani ricordi di sapori e profumi.
Miglioramento ambientale
Oltre a omaggiare la tradizione locale, il nostro progetto rappresenta un impegno tangibile per l’ambiente.
È stimato che gli alberi piantati possano assorbire circa 40 quintali di CO2 all’anno, contribuendo significativamente alla lotta contro il cambiamento climatico.
Piantiamo un albero per ogni nuovo nato
Piantare un albero in onore di un neonato è un gesto di grande significato, poiché non solo contribuisce a migliorare l’ambiente, ma crea anche un legame profondo tra il bambino e l’albero stesso.
Questo legame non è solo simbolico, ma rappresenta anche un modo tangibile per connettere il neonato con il territorio in cui crescerà, promuovendo un senso di appartenenza e responsabilità.
Un progetto nella bellezza della Calabria
Ma “Piantiamo insieme il futuro” va oltre la semplice piantumazione e la gestione di alberi: promuove una profonda connessione con le radici culturali e territoriali, unendo la comunità in un impegno collettivo per il miglioramento e la sostenibilità.
La riforestazione della Fortezza Poggio Pignatelli rappresenta un passo cruciale verso un futuro più verde e sostenibile per il nostro territorio, preparando il terreno per le generazioni future.
Visione ecologica condivisa
Anche il Principe Alberto II di Monaco, in qualità di presidente della Fondazione Principe Alberto II di Monaco, impegnata a livello mondiale nella protezione ambientale e salvaguardia della biodiversità, ha mostrato grande entusiasmo per la nostra iniziativa, con la promessa di una sua prossima visita nella fortezza.
Sinergie positive tra pubblico e privato
Un grande plauso al sindaco di Campo Calabro, dott. Sandro Repaci, che ha saputo riconoscere e sostenere con lungimiranza questo progetto, vedendo in esso un modo tangibile e concreto per lasciare alle generazioni future una piccola foresta ricca di tradizioni, cultura e impegno per la salvaguardia ambientale
I NOSTRI ALBERI
ORNIELLO (Fraxinus ornus)
Il frassino orniello è un albero straordinario, storico, biblico. Dall’incisione della sua corteccia fuoriesce una linfa che solidifica a contatto con l’aria, la famosa manna, che Dio fece piovere dal cielo sfamando il popolo ebraico in fuga dall’Egitto, durante la traversata del deserto del Sinai.
La Calabria era una delle maggiori produttrici di manna al mondo, esportandola all’estero dove veniva apprezzata come dolcificante naturale, per il basso contenuto di glucosio e fruttosio.
IL SORBO (Surbur domestica)
Nome dialettale: SURVA
E’ un albero resistente che richiede poche cure e presenta una notevole longevità. Tra l’800 e il 900, in Calabria, quando le masserie rappresentavano i centri più vitali e frequentati, il sorbo dominava come coltura principale. I contadini calabresi solitamente raccoglievano le sorbe nel mese di ottobre, per proseguire il loro processo di maturazione mettendole nella paglia o appenderli a grappoli. Una volta mature, le sorbe assumevano un caratteristico colore marrone bruno pronte per essere consumate.
Gli antichi romani apprezzavano particolarmente questo frutto e raramente mancava sulle loro tavole. Secondo gli antichi Greci, il sorbo era ritenuto capace di tenere lontane streghe e spiriti maligni dalle abitazioni e questa credenza popolare ha contribuito in passato a rendere il sorbo un albero molto diffuso.
IL GELSO BIANCO (Morus alba)
Nome dialettale: CEUZA
Le foglie di questo albero sono l’unico nutrimento del baco da seta, un lepidottero che, durante il processo di alimentazione, crea il rinomato bozzolo grezzo, successivamente filato nei telai. Albero caduco, produce nel periodo maggio/giugno le more di gelso chiamate in dialetto calabrese muredda ianca.
In Calabria, l’arte della seta ha conosciuto periodi di grande splendore, con il distretto di produzione ben noto tra Reggio e Cannitello. La produzione calabrese dei rinomati damaschi in seta era famosa a livello mondiale, e ancora oggi la tradizione prevede che siano esposti ai balconi delle case padronali durante le processioni religiose.
La produzione della seta è stata per secoli uno dei pilastri dell’economia calabrese, mantenendo tale ruolo fino all’Unità d’Italia. Si stima che durante il periodo del Regno delle Due Sicilie, migliaia di filande fossero operative.
Questo albero è l’anti smog per eccellenza. Oltre le foglie, anche le radici del gelso sono in grado di compiere dei miracoli nella purificazione, assorbendo gli agenti inquinanti presenti nel suolo.
IL COTOGNO (Cydonia oblunga)
E’ un albero di dimensioni ridotte che l’essere umano coltiva da almeno 4000 anni. Diffusa in tutto il Mediterraneo, questa pianta veniva certamente coltivata dai Babilonesi, come pure nell’Antica Grecia e nei territori degli antichi romani.
All’epoca le cotogne erano i frutti sacri ad Afrodite, la dea greca dell’amore e della bellezza, mentre nei secoli successivi sono sempre state associate alla fertilità, quindi usate come simbolo buon auspicio durante i matrimoni.
Il melo cotogno fino agli anni ’50 era diffusissimo negli orti calabresi in quanto base per innesti per altri alberi e vanta un passato davvero leggendario, basta una per tutte che portasse fortuna ai contadini che ne avessero un solo esemplare.
Un modo antico per consumarlo è la “Cutugnata”, che le massaie calabresi ci farciscono i loro dolci e crostate.
IL GIUGGIOLO (Ziziphus Jujuba)
Nome dialettale: ZINZULI
In Calabria, i deliziosi frutti autunnali noti come giuggiole vengono chiamati “zinzuli”. Un tempo diffusamente presenti nelle campagne calabresi, oggi sono quasi introvabili. Questi straordinari frutti sono rinomati non solo per il loro sapore dolce e delizioso, ma anche per le loro proprietà nutritive e terapeutiche, essendo ricchi di vitamine, antiossidanti e sali minerali. Sorprendentemente, contengono fino a 20 volte più vitamina C rispetto agli agrumi.
Quando vengono raccolte ancora acerbe, le giuggiole sono di colore verde e hanno un sapore simile a quello della mela. Se lasciate maturare, la loro superficie diventa rugosa e il sapore si trasforma in qualcosa di dolce, simile a quello dei datteri. Fin dall’antichità, le giuggiole sono state utilizzate per creare bevande alcoliche in molte civiltà del bacino del Mediterraneo, tra cui gli Egizi e i Fenici. Erodoto, ad esempio, menzionava le giuggiole la cui polpa fermentata produceva un liquido estremamente inebriante. Anche Omero, nel nono libro dell’Odissea, faceva riferimento allo stato di ebbrezza causato dal liquore di giuggiole nel contesto dell’incantesimo dei Lotofagi.
Nel corso del Medioevo, la potente famiglia Gonzaga contribuì a creare il celebre “brodo di giuggiole”, la cui fama è giunta fino a noi. Il termine stesso è entrato nel linguaggio comune per indicare qualcosa di incredibilmente dolce e buono e, nel 1612, venne addirittura incluso nella prima edizione del Vocabolario dell’Accademia della Crusca di Firenze.
LEUCOLEA – L’ULIVO BIANCO
La Leucocarpa, conosciuta anche come Leucolea o olivo della Madonna, è una varietà antica che ha rischiato l’estinzione, ma alcune piante selvatiche sono stata miracolosamente ritrovate nei pressi di un antico monastero basiliano in provincia di Reggio Calabria. Questo olivo selvatico ha una storia ricca e sacra: sin dall’antichità, è stato utilizzato per estrarre l’olio del Crisma, un olio sacro impiegato nell’antichità nei sacramenti come il battesimo, la cresima e l’unzione dei malati.
Le olive sono uniche perché, quando maturano, diventano di un bianco avorio a causa della perdita di clorofilla. L’olio estratto da queste olive era noto per la sua purezza: è bianco e trasparente, ideale per i riti sacri dell’antichità e utilizzato anche per le lampade nelle chiese, bruciando senza fumo e lasciando pochi residui.
Questo albero è un tesoro storico e religioso, un legame con il passato che continua a influenzare la cultura e le tradizioni calabresi. La Leucocarpa non è solo una varietà di olivo, ma un custode di antiche pratiche e significati spirituali, rappresentando un patrimonio da preservare per le generazioni future.
IL CARRUBO (Ceratonia siliqua)
La carruba, frutto dell’albero di carrubo, è simbolo di una terra ricca di storia e tradizioni: la Calabria. Questo imponente albero sempreverde, dalla crescita lenta e dalla straordinaria longevità, può vivere fino a 500 anni. La sua chioma maestosa e la sua longevità hanno dato vita a numerose leggende e credenze popolari in Calabria, come quella che racconta di tesori nascosti, le “truvature”, sotto le sue fronde.
In passato, i semi di carrubo venivano utilizzati come unità di misura per l’oro e le gemme, grazie alla loro dimensione e peso identiche, circa 1/5 di grammo. Da qui deriva il termine “carato”, che trova origine nella parola araba “khirat”, che significa proprio seme di carrubo.
Le carrube, dal sapore che richiama il cacao, si distinguono per le loro proprietà nutrienti e il basso contenuto calorico. Questo frutto è conosciuto anche come “Pane di San Giovanni”, poiché la leggenda narra che San Giovanni Battista si nutrisse quasi esclusivamente delle carrube durante il suo tempo nel deserto.
In Calabria, il carrubo rappresenta uno degli alberi dimenticati della tradizione. È un vero peccato, poiché esso racchiude i ricordi delle nostre tradizioni, della nostra storia e della nostra infanzia. Recuperare il carrubo significa riscoprire un pezzo della nostra identità calabrese, un legame profondo con la terra che ci ha cresciuti e che continua a custodire le nostre radici.
IL CORBEZZOLO (Arbutus unedo)
Nome dialettale: MBRIACHEDDI
È un sempreverde che fiorisce in autunno avanzato, producendo grappoli di fiori bianchi che danno frutti l’anno successivo. È stato citato da molti: il poeta latino Ovidio ne parla nella Metamorfosi, Virgilio nell’Eneide e Giovanni Pascoli addirittura compose un’ode in suo onore. Per i suoi colori, divenne la pianta simbolo dell’Italia.
I frutti del corbezzolo contengono un alcaloide che, se ingerito in grandi quantità, provoca un senso di ubriachezza e vertigine. Questa caratteristica era già conosciuta nell’antichità; infatti, Plinio il Vecchio assegnò alla pianta il nome unedo (ne mangio solo uno). Da questa caratteristica deriva il nome dialettale calabrese Mbriacheddi.
Anche il legno di corbezzolo era considerato molto pregiato, essendo solido e resistente agli insetti, e le foglie, grazie alla forte presenza di tannino, erano utilizzate per la concia delle pelli.
Tra le tante virtù del corbezzolo, la più straordinaria è senz’altro quella di essere una delle specie mediterranee che meglio si adatta agli incendi, reagendo vigorosamente al passaggio del fuoco con l’emissione di nuovi polloni.